Lavoro educativo e qualità, anche nei tempi del Covid-19

di Giovanni Garena*

Nella variegata gamma di interventi e servizi sociali messi in campo nelle diverse realtà del nostro Paese si è consolidata, a partire da prime sperimentazioni fin dagli anni ‘80 del secolo scorso, l’azione denominata educativa territoriale (E.T.). I servizi di E.T. si esprimono oggi come parte connettiva di prossimità, di lavoro con-per le reti di comunità, nell’accompagnamento e sostegno a minori, disabili, nuclei familiari in difficoltà. I luoghi di questa azione appartengono all’informale, alle dimensioni di vita nelle quali educatrici ed educatori entrano – in punta di piedi – proponendosi come mediatori e facilitatori di percorsi di aggregazione, di integrazione. Percorsi in cui si cammina in territori fisici e mentali nei quali l’atto educativo assume una geomorfologia sempre nuova e affronta sfide a volte anche molto complesse e impreviste.

L’educatore di territorio (E.P.) è così un professionista “senza casa”, il suo servizio di appartenenza è una mera base operativa da cui partire verso… Verso la promozione di rapporti significativi tra persone e territorio, verso la creazione di appartenenze (la cultura della domiciliarità, della abitanza), verso il sostegno a sistemi- ambienti che faticano a tenere insieme persone-cose-modelli. Verso l’intermediazione con le organizzazioni di educazione formale (la scuola), le famiglie, l’associazionismo locale, i gruppi naturali. Verso un territorio che sicuramente presenta problemi, ma che può promuovere o rigenerare risorse per affrontarli in maniera comunitaria. Verso, quindi, sempre nuove sfide.

L’azione educativa, che già di per se costituisce sempre un processo complesso nel quale intervengono molteplici dispositivi e sistemi sociali, quando declinata in educativa territoriale per andare verso…, per affrontare queste sempre nuove sfide, richiede particolari attenzioni rispetto ai metodi e tecniche da mettere in campo. Senza queste attenzioni si rischia che l’E.T. venga depotenziata, delegittimata, banalizzata (tradotta in semplici operazioni tipo ripetizioni scolastiche a domicilio, badantaggio, sorveglianza, controllo sociale).

È pertanto vitale definire criteri di valutazione, criteri di qualità dell’azione professionale messa in campo dal servizio di E.T.. E la definizione di tali criteri dovrà necessariamente muovere da buone domande. Ad esempio.

  • come, con quali dispositivi tecnico-metodologici si offre ogni giorno un servizio di E.T. per i minori, i giovani, le donne e le famiglie dando prioritaria attenzione alle frange più deboli?
  • come aggiornare costantemente questi dispositivi a fronte dei rapidissimi cambiamenti nella riproduzione sociale di quello specifico contesto nel quale si va ad operare
  • come migliorare l’organizzazione del lavoro per centrarsi non solo sui problemi, ma anche e soprattutto sulle risorse attive, attivabili, della comunità locale? Come determinare bene, all’interno del servizio di E.T., chi fa che cosa (funzionigramma) nella gestione dei diversi ruoli di line e di staff (organigramma) ? Come condividere una adeguata e costante analisi sistemica della organizzazione stessa?
  • come progettare, come progettare insieme in un’ottica di lavoro di rete e di comunità?
  • quale rappresentazione della qualità del lavoro educativo si ha in mente?
  • considerando che la pandemia da Covid-19 sta dispiegando i suoi tragici effetti, come affrontare da parte dei servizi di educazione non formale (extrascolastica) le emergenti fragilità delle funzioni genitoriali, l’aumento della dispersione e dell’abbandono scolastico, i guasti psicorelazionali provocati dalla dad, i deficit nell’alfabeto delle emozioni nello sviluppo adolescenziale? Come coniugare i modelli pedagogici di riferimento per l’educazione territoriale nei nuovi scenari di apprendimento e cura con/per le persone e le comunità? Come gli E.P. possono assumere ruolo protagonistico all’interno di processi generativi di progettazione concertata tra enti pubblici e enti del terzo settore?
  • è possibile elaborare un metodo, sperimentabile nelle diverse realtà operative, che consideri qualità e accreditamento come strumenti di politica socioeducativa utilizzabili da professionisti consapevoli di agire all’interno di patti di cittadinanza, “capaci” di valutare l’impatto del loro lavoro, della loro azione nel sistema sociale complesso ?

Occorre prendere atto che su queste domande permangono carenze di strumenti codificati sui sistemi di qualità del lavoro educativo non formale;  ciò costituisce una debolezza intrinseca alla legittimazione dell’azione professionale di aiuto, al riconoscimento del patrimonio culturale e del corpus teorico elaborato anche dalla base operativa; ciò rischia di deprimere le affezioni e le motivazioni al lavoro da parte di attori che – ancor più in tempi di Covid-19 – sono stati spesso impegnati su casi limite della condizione umana. E’ pertanto vitale l’impegno su traccianti di legittimazione, impegno che avvenga attraverso un processo di autorappresentazione della qualità del lavoro territoriale in cui gli E.P. possano assumere un ruolo protagonistico all’interno di processi generativi di progettazione concertata.

Nella prospettiva di contribuire a superare tali carenze e a valorizzare su un piano scientifico l’azione dell’E.P. impegnato sul territorio, il testo “Lavoro educativo e qualità, anche nei tempi del Covid-19”, ed Maggioli, dicembre 2021, concettualizza e rielabora l’esperienza trentennale di una équipe di E.T. (Ass e Coop Vides-Main di Torino). Ne scaturisce una concreta strumentazione, un vero e proprio manuale di autovalutazione che vede attori protagonisti gli stessi operatori. Manuale che delinea l’applicazione del metodo bottom-up in maniera tale da fornire attenzione ai sistemi di qualità che costituiscono patrimonio culturale della base operativa di quegli educatori che animano i territori e contribuiscono a creare nuove infrastrutture di cittadinanza attiva.

Così – dopo la necessaria ricognizione normativa e la indispensabile visitazione dei fondamentali determinanti di complessità sociale e organizzativa, dei criteri generali e strumenti per una azione di qualità nei servizi educativi territoriali –  ci si misura con possibili coordinate (linee guida) per definire un manuale di autovalutazione per la revisione professionale tra pari del servizio di E.T., giungendo ad una specifica concreta proposta di  check list.

Rielaborando l’esperienza dell’équipe di E.P. di  Vides Main di Torino, si tenta così di far incontrare la concettualizzazione della prassi con la formazione di base e continua degli E.P. e si offrono concreti metodi, tecniche e strumenti per garantire qualità nella complessità sociale e organizzativa aggravata dal Covid-19.

Viene seguito un percorso che muove dalla rappresentazione della qualità, del sistema di qualità sia nella cultura dei servizi di E.T., sia nella normativa nazionale con particolare attenzione alle procedure di accreditamento e ai posizionamenti per non lasciarsi travolgere dalla burocrazia.

Interregandosi sul come garantire qualità nella complessità sociale e organizzativa aggravata dal Covid-19, si prova a leggere i segnali di un nuovo bisogno educativo, di una buona E.T. per affrontare le emergenti fragilità sopraccennate.

Sempre in questa interrogazione, si propone una riflessione collettiva su come la pandemia, specie nei lunghi mesi di lockdown, ha messo gli E.P. di fronte ai nuovi significati da conferire ai termini presenza e distanza. Due termini che, in educazione e nei servizi educativi, hanno sempre rappresentato un ossimoro; sempre, fino a quando la pandemia da Covid-19 ha costretto i professionisti ad inventare, nel giro di pochi giorni, modi nuovi di coniugare educazione e territorio; territorio divenuto improvvisamente un non luogo, zona potenzialmente ostile e fonte di contaminazione. Distanza, spesso confusa tra fisica e sociale, è divenuta una pratica indispensabile per difendersi da un nuovo misterioso male che provoca danni collaterali di vasta portata, nuovi mali sociali e relazionali, nuove povertà educative.

Per altro verso, analizzando l’esperienza maturata dall’équipe di VidesMain, si profilano anche forti luci di speranza: volendo, impegnandosi a fondo, nonostante la pandemia, si può stare responsabilmente nelle complessità intra ed extrasistemiche di organizzazioni socioeducative, si può agire una E.T. di qualità in base a dimensioni tecnico-metodologiche integrabili.

In sostanza si è verificato che è possibile consolidare una identità professionale consapevole proprio grazie ai saperi dell’educatore che sono stati messi alla prova nel contesto trasformato dalla pandemia. Nel testo si rivisitano i prevalenti modelli pedagogici che possono costituire utile riferimento per l’educazione territoriale, dal sistema preventivo di don Bosco al modello d’aiuto di Carl Rogers, dal modello della coeducazione/cooperazione di Martin Buber e di Paulo Freire al modello topico. L’Educazione come processo pedagogico umanizzante costituisce lo scenario in cui l’E.P. esercita costantemente una responsabilità condivisa, le metacompetenze nel processo di autolegittimazione e autoriconoscimento nella implementazione di modelli di azione di tipo cooperativo, concertativo- partecipativo, euristico, di ricerca-azione.

A questo punto si entra più nello specifico della strumentazione del lavoro educativo territoriale orientato alla qualità. In particolare: la rappresentazione della rete attraverso la  Carta di Rousseau; criteri che consentano di controllare costantemente i processi attinenti alla leadership, al lavoro integrato multiprofessionale, all’ottica anti-oppressiva, al benessere organizzativo, alle abilità di coping e di insight, alla gestione del fattore; indicazioni per un efficace sistema informativo di governo e di esercizio; le mappe dinamiche che rappresentano risorse e problemi del territorio; l’orientamento al total quality management e all’european foundation for the management of quality.

È su tali basi che è stato così possibile costruire una proposta di manuale di autovalutazione costituito da linee guida per la revisione professionale tra pari di un servizio di E.T.. Il manuale comprende dieci aree di indagine qualitativa:  1. policy del servizio di E.T.; 2. pianificazione e dell’organizzazione; 3. comunicazione; 4. formazione e della supervisione professionale; 5. gestione delle risorse strutturali e tecnologiche; 6. best practices; 7. sistema informativo; 8. lavoro di rete e di comunità; 9. valutazione della qualità e verifica dei risultati; 10. gestione e miglioramento della qualità, procedure e linee guida.

Per ciascuna di queste aree si sono individuati item elencati in una specifica proposta di check-list organizzata in schede nelle quali si tenta di concretizzare il percorso teorico-metodologico affrontato. Ciascun item della check list vede associato un livello di giudizio, graduato secondo diversi livelli di conformità.

 

*Sociologo, formatore e docente a contratto Uniupo, IUSTO, Unito

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