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Caregiver, nella legge italiana ancora senza tutele

Il tempo per rispondere alla condanna dell'Onu all'Italia per la mancanza di norme che tutelino i caregiver familiari è quasi scaduto, ma ancora non è stata ancora varata una legge ad hoc. Servirebbe formazione, ma anche assistenza burocratica, economica e sociale, insieme al riconoscimento della figura professionale. L'intenzione della ministra Locatelli è di creare un tavolo di lavoro per cercare soluzioni sul tema

di Veronica Rossi

Il 3 ottobre 2022 il Comitato Onu sui diritti delle persone con disabilità ha condannato l’Italia per la mancanza di tutele per i caregiver. Al nostro Paese sono stati 180 giorni per rispondere, indicando le misure intraprese e i risarcimenti per le famiglie. A meno di una settimana dalla scadenza di questo lasso temporale, non c’è ancora una norma nazionale che intervenga a favore di chi assiste i propri cari disabili, anziani o malati. «Le Regioni su questo tema si muovono in ordine sparso», dice Tiziana Nicoletti, responsabile del Coordinamento nazionale delle associazioni di persone con malattie croniche e rare – Cnamc di CittadinanzAttiva, «come a febbraio ha fatto il Friuli Venezia Giulia e, andando a ritroso, la Lombardia, in Abruzzo e nel Lazio. Dal nostro punto di vista queste iniziative sono lodevoli, perché in qualche modo cercano di alleggerire il peso e la pressione – anche economica – che c’è su queste famiglie. Però sarebbe opportuno che ci fosse una legge nazionale. Attendiamo da tempo un provvedimento che garantisca ai caregiver il riconoscimento dei loro diritti fondamentali». Alessandra Locatelli, ministra per le disabilità, si è esposta sul tema, dicendo che ha intenzione di prevedere un tavolo per definire gli aspetti che guardano la tutela di chi cura un familiare o un caro. «Ho avuto la possibilità di parlarne personalmente con lei durante un evento una decina di giorni fa», continua la responsabile di Cnamc, «e la ministra mi ha confermato il suo impegno. Noi di CittadinanzAttiva speriamo di far parte di questo tavolo di lavoro: il nostro Coordinamento nazionale delle associazioni di persone con malattie croniche e rare coinvolge più di 110 realtà, insieme alle quali da tempo lavoriamo per il riconoscimento della figura del caregiver».

Uno dei bisogni principali di chi si prende cura di una persona malata o disabile è legato alla formazione. Spesso, chi si occupa di assistenza – per la maggior parte donne, gran parte delle quali, il 60% secondo dati Istat, obbligate dalle circostanze a lasciare il lavoro – , è costretto a improvvisarsi caregiver familiare, perché si ritrova ad avere un caro a cui serve aiuto. «La formazione è fondamentale, anche perché non tutte le condizioni hanno le stesse caratteristiche, gli stessi problemi e e le stesse necessità», continua Nicoletti. «In più ha anche la funzione di strutturare le persone, di prepararle all’impatto psicologico che il lavoro di cura comporta». Essere caregiver familiari non è facile dal punto di vista emotivo: dover dare a qualcuno un supporto costante significa limitare la propria vita personale, relazionale, lavorativa. Spesso non poter nemmeno uscire per andare, semplicemente, a vedersi un film al cinema. «Ci si dimentica che a fare i caregiver sono sempre più di frequente dei giovani», afferma la responsabile del Cnamc, «perché sono in aumento le malattie che colpiscono persone ancora in età lavorativa, che hanno figli che ancora studiano e che, improvvisamente, devono prendersi cura di loro, rinunciando a uscire con gli amici, allo sport e, a volte, anche al loro percorso di formazione». È necessario, quindi anche un supporto psicologico, così come un aiuto con la burocrazia, che può richiedere molto tempo ed energia quando di parla di sostegno a chi non è autosufficiente. Le spese, per chi ha in famiglia una condizione di disabilità o di non autosufficienza, sono molte. Alcune, non immaginabili da chi non vive una situazione simile. «Spesso può essere necessario un riadattamento dell’abitazione», chiosa Nicoletti, «per esempio un rifacimento del bagno per permettere alla persona in difficoltà di utilizzarlo. Nella legge lombarda, so di per certo che è fatto esplicito riferimento a questo tema».

I caregiver familiari svolgono un vero e proprio servizio e quindi dovrebbero essere considerati a tutti gli effetti dei lavoratori, con tutti i diritti connessi allo svolgimento di una professione, dalla retribuzione ai contributi per la pensione, passando per le ferie e i permessi. «Queste figure vanno riconosciute e regolarizzate», commenta la responsabile, «perché possano avere delle tutele economiche, giuridiche e sociali. Anche perché possano andare a chiedere al proprio Comune di venire sostituiti nel momento in cui devono assentarsi».

Nella Legge delega per gli anziani non autosufficienti, licenziata questo marzo, è stata epurata la parte riguardante i caregiver, inizialmente inserita da tutti i firmatari del Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza, che aveva proposto gran parte dei contenuti della norma. «Un provvedimento ad hoc diventa, a questo punto, ancora più necessario», conclude Nicoletti. «Confidiamo nell’intenzione della ministra Locatelli di interessarsi a questo tema».


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