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Mi sposo o convivo? La prima unione in tempi di incertezza e vulnerabilità economica

In che modo incertezza lavorativa e vulnerabilità economica influiscono sulla formazione dell’unione? Gli effetti sono diversi tra maschi e femmine? Cambia qualcosa tra matrimonio e convivenza? Silvia Meggiolaro, Fausta Ongaro e Elena Pirani ne discutono in questo lavoro. 

Sposarsi e convivere in Italia

Negli ultimi 20 anni l’Italia sta sperimentando veloci e importanti cambiamenti nel modo di formare un’unione: ci si sposa di meno e a età sempre più elevate, sempre meno di rado si inizia la vita insieme con una convivenza, e sempre più frequentemente questa non si trasforma in matrimonio. Allo stesso tempo, anche se il nostro paese continua a caratterizzarsi per marcate disuguaglianze tra uomini e donne sia nell’ambito lavorativo che familiare, il contesto sociale e culturale si va via via modificando verso una direzione di crescente uguaglianza di genere. Questi cambiamenti si inseriscono in un contesto di deregolamentazione del mercato del lavoro derivante dalle riforme legate degli anni ’90 su cui si sono innestati gli effetti delle recenti crisi economiche.

In questo quadro, c’è da chiedersi in che misura il processo di formazione della prima unione sia influenzato da condizioni economiche di crescente incertezza, derivanti sia dal contesto generale in cui si vive, sia dalla situazione lavorativa ed economica personale. L’effetto della vulnerabilità economica individuale sulla formazione della prima unione è largamente riconosciuto in letteratura, seppure con differenze per genere e tra paesi: avere un lavoro e sicure prospettive di reddito è considerato un prerequisito per l’inizio della prima unione fra i giovani. Anche il tipo di unione può fare la differenza, con la convivenza che sembra essere favorita in caso di minori disponibilità finanziarie o precarietà lavorativa rispetto al matrimonio. Meno chiaro è invece il ruolo giocato dall’incertezza economica più generale del contesto in cui si vive. 

Utilizzando i dati individuali dell’Indagine Multiscopo Istat “Famiglie e Soggetti Sociali” del 2016, unitamente a dati aggregati sempre di fonte Istat1, un recente studio2 ha approfondito questi legami. Considerando un campione di italiani tra i 25 e i 44 anni (per un totale di 3503 uomini e 3619 donne, il 60% dei primi e il 72% delle seconde in unione al momento dell’intervista) è stata analizzata la relazione tra  condizioni lavorative individuali (approssimate dallo stato occupazionale e dal tipo di contratto), incertezza economica dell’area in cui si vive (misurata dal tasso di disoccupazione e dal livello dell’indice di fiducia dei consumatori, dal 1995 al 2015), e formazione della prima unione (differenziando tra matrimonio e convivenza non matrimoniale). 

In linea con la letteratura precedente, i risultati (Figura 1) mostrano che la vulnerabilità economica individuale influisce negativamente sulla probabilità di unirsi in (primo) matrimonio: chi è disoccupato, ma anche chi ha un lavoro con contratto a tempo determinato, ha una probabilità più bassa di sposarsi rispetto a chi ha un contratto a tempo indeterminato. Tale effetto è presente sia per gli uomini che per le donne, per le quali, invece, ci si poteva aspettare un effetto più contenuto delle condizioni economiche, per lo meno in un contesto come quello italiano in cui assume ancora una certa rilevanza il tradizionale modello male breadwinner (in base al quale spetterebbe al partner maschile procurare le risorse per il sostentamento della famiglia). Il ruolo più generale dell’incertezza economica del contesto in cui si vive, a prescindere dalla condizione lavorativa individuale, sembra essere rilevante solo per le donne: nello specifico, maggiore è il livello dell’indice di fiducia dei consumatori, maggiore è la propensione al matrimonio. 

Per quanto riguarda l’ingresso in (prima) convivenza, solo l’assenza di lavoro ha un effetto negativo, anche in questo caso sia per gli uomini che per le donne. Diversamente a quanto osservato per il matrimonio, una posizione occupazionale incerta (lavoro temporaneo) non ritarda l’ingresso in convivenza rispetto a chi ha un’occupazione a tempo indeterminato. A livello aggregato, è il tasso di disoccupazione ad avere effetto in questo caso: sia per gli uomini che per le donne, crescenti livelli di disoccupazione dell’area in cui si vive sono associati a una riduzione della probabilità ad entrare in convivenza.

Incertezza e vulnerabilità economica rallentano la carriera familiare dei giovani

I risultati confermano che la vulnerabilità occupazionale individuale è un importante fattore di ritardo dell’ingresso in unione. In particolare, se la mancanza di un lavoro riduce la probabilità sia di sposarsi che di convivere, l’avere un lavoro a tempo determinato è rilevante soprattutto nel caso del matrimonio. In altre parole, l’incertezza lavorativa legata ai contratti a tempo determinato mal si coniuga con scelte più formalizzate e definitive come il matrimonio, mentre rappresenta un ostacolo meno rilevante per unioni meno vincolanti e più facilmente “reversibili” quali le convivenze non matrimoniali. 

Per contro, il fatto che gli effetti negativi della vulnerabilità individuale riguardino indifferentemente uomini e donne, da un lato, implica che il modello male breadwinner va via via erodendosi, e sempre più anche la situazione occupazionale femminile conta quando si prendono decisioni impegnative e di lungo termine quali la formazione di una unione. Dall’altro questo può rappresentare un rischio di ritardo aggiuntivo, dal momento che si deve tener conto delle possibili resistenze a entrare in unione di entrambi i componenti la coppia. A tutto ciò va aggiunto un ulteriore effetto negativo del contesto di incertezza economica di per sé, al di là delle condizioni lavorative individuali, che sembra colpire soprattutto chi entra in convivenza e le donne. 

Rimuovere gli ostacoli che impediscono l’acquisizione della piena autonomia economica dei giovani è una sfida impegnativa, ma dovrebbe rappresentare una priorità dell’agenda politica: ogni ritardo in questa direzione frena l’ingresso in prima unione e rischia di far procrastinare (e forse non sperimentare mai) anche altri eventi importanti della biografia familiare delle nuove generazioni. 

Note

1Derivanti dalle Rilevazioni sulle Forze Lavoro (RFL) e dall’indagine sulla fiducia dei consumatori.

2Meggiolaro, S., Ongaro F., Pirani E. (2022). First union formation in Italy: The role of micro- and macro-level economic conditions. DiSIA Working Paper 2022/08

Per saperne di più

Meggiolaro, S., Ongaro F., Pirani E. (2022). First union formation in Italy: The role of micro- and macro-level economic conditions. Disia Working Paper 2022/08 https://local.disia.unifi.it/abstract_wp_disia.php?anno=2022#wp_disia_2022_08

Kreyenfeld, M., Andersson, G., & Pailhè, A. (2012). Economic uncertainty and family dynamics in Europe. Demographic Research, 27, 835–852

Vignoli, D., Tocchioni, V., Salvini, S. (2016). Uncertain lives: Insights into the role of job precariousness in union formation in Italy. Demographic Research, 35, 253-282.

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